In occasione dalla manifestazione del 7 e 8 giugno “24 Ore Castelli di Feltre” edizione 2013, la Sagitta Bike ha messo in campo la sua consueta capacità organizzativa, in collaborazione con la CT Portogruarese, infatti si è mossa la carovana composta da 24 atleti e molte altre persone a supporto della logistica alla volta della bellissima cittadina bellunese.
Già dalle prime ore del venerdì un nutrito gruppo di amici si è dato da fare per installare i gazebi per il del reparto cucina destinato a funzionare ininterrottamente per 24 ore, sotto l’attenta regia dei f.lli Bellotto coadiuvati dalla onnipresente Gabriella e annessa tenda per i pranzi e momenti di breafing, le tende e i camper destinati al reparto riposo e ai vari servizi logistici per le biciclette e assistenza.
Le condizioni meteo, sia pure incerte quest’anno sembravano risparmiarci, consentendo il regolare montaggio delle strutture necessarie, sotto l’occhio vigile del responsabile logistico Sergio Biasio, però qualche goccia qua e là non lasciava presagire nulla di buono, nuvoloni intensi continuavano a sfiorare le bellissime colline del Feltrino, ma la speranza era quella comunque di scendere regolarmente sul percorso cittadino.
Tutto era pronto, dal vettovagliamento, ai rulli di riscaldamento, dai sacchi a pelo, ai scaramantici impermeabilini anti acqua, eravamo con gli occhi al cielo e speravano nella buona sorte, l’importante era partire in sicurezza, poi si sarebbe visto l’evoluzione delle cose.
Verso l’imbrunire, all’improvviso uno scorcio di sole fa capolino tra una nuvola dispettosa e una collina, la pioggia sembrava scongiurata, ciò era equivalso ad un segnale divino e l’intero parterre si rianimava, un brulichio di persone ricominciava a vociare, si riascoltavano i rumori tipici delle manifestazioni, l’aria si impregnava di profumi appetitosi, di grigliate e fritture di ogni genere, l’alto parlante ha cominciato ad emettere una musica di base incalzante che faceva prevedere l’inizio delle danze, e finalmente le parole che tutti aspettavano con trepida attesa, si dava inizio alla chermesse, con la presentazione delle diverse squadre provenienti da tutta Italia e anche dalle lontane Irlanda, Germania, Croazia e Austria, dando un tocco di internazionalità al tutto, lo speaker scandiva a gran voce tutte le squadre, e finalmente echeggia il nome di “SAGITTA BIKE N° 28”
Si respirava un’aria febbrile, tutti cominciavano a riscaldarsi, chi sul percorso, chi a piedi, odori e rumori erano un crescendo, il volto della gente cominciava a sorridere, chi si incupiva, chi ancora sguaiatamente manifestava le proprie future performance, chi ancora aguzzava lo sguardo felino intento a cogliere la smorfia fatale dell’avversario, chi ancora felicemente non aspetta altro che partire dalle retrovie timoroso di uno start che tutti attendevano.
Si ripassavano i turni, si valutavano le strategie, si ipotizzavano gli inconvenienti, si ragionava dove guadagnare tempo o meglio, dove perderne di meno, qualcuno ironizzava, altri sparlavano, altri ancora riflettevano e sotto l’attenta regia del saggio Luciano Banini, comandante indiscusso della spedizione, si concretizzava un gruppo, formato da persone molto diverse, ognuno con le proprie peculiarità, ma comunque una vera squadra.
I megafoni annunciavano di prepararsi sulla linea di partenza e ai box per i previsti cambi.
Il ruolo più delicato della partenza spettava proprio al capitano Luciano, seguito dal potente “Giampi” Codognotto e dall’affidabile Claudio Stival, il fremito degli istanti precedenti al via si percepiva a pelle, la gente urlava, esultava, incitava, la Sagitta al gran completo capitanata da presidente e vice, era sugli spalti a fare il tifo, e poi il via, un vento spazzava la strada, un turbine di ingranaggi sviluppavano un fruscio che aveva quasi dell’armonioso e del terrificante nello stesso tempo, il rombo dei motori delle auto staffetta imballavano e la musica assordante con lo speaker che urlava frasi ad effetto, faceva accapponare la pelle.
La macchina da guerra della Sagitta era partita, e la sensazione era che nulla ora poteva fermarla e che sarebbe stata un’altra edizione memorabile della 24 Ore di Feltre.
Affiatamento, incitazione e sano divertimento sportivo erano il collante del gruppo, la citazione del famoso conte riecheggiava nella bocca di tutti: “l’importante è partecipare ………“ ma nella testa ognuno pensava, “…ma, se si riesce a stare davanti meglio”.
Giro dopo giro il sudore si sprecava, le urla si attenuavano, la stanchezza si sentiva, ma non si doveva mollare, mai per nessun motivo, per nessuna ragione, dovevamo battere noi stessi, e magari anche gli amici-avversari della Portogruarese, e ad ogni cambio prontamente segnalato dall’inossidabile Sergio, era sempre un colpo al cuore quando vedevi la tabella rossa sollevarsi e come un toro inferocito aspettavi solo di cogliere il leggero percepire della girata dal lato verde, non dovevi esitare, dovevi capire a livello telepatico che il tuo compagno stava arrivando, che la tabella non era girata, ma che si sta girando, non dovevi deludere lo sforzo disumano che aveva fatto per consegnarti un treno decente e lo dovevi raggiungere, riprendere, succhiare la ruota e farti tirare in salita, ma, cazzo……, quanto correvano, avevano il motore sotto il culo, e i battiti cardiaci erano ormai sulle orecchie, ma non dovevi mollare, dovevi e basta.
Gladiatori, li vedevo tutti gladiatori, che ogni volta che partivano dalla zona cambio entravano come dei lottatori nell’arena, disposti a vendere cara la pelle, magari a perdere qualche brandello di carne, ma puntare al risultato, non dovevano penalizzare la squadra, non dovevano peggiorare rispetto alla tornata precedente, dovevano migliorare, dovevano, dovevano e basta.
E i gruppi si susseguivano uno dopo l’altro inesorabilmente in una moltitudine di colori e rumori, e Sergio, sempre lì sul palco a segnalare, passavano i minuti, le ore, la notte, e lui sempre lì, non beveva, non mangiava, non dormiva, non pisciava e lui, sempre lì, lucido, spietato, assetato di prestazioni, le sue imprecazioni non si sentivano, ma si vedevano, eccome, i suoi occhi anche se stanchi dopo giri e giri, ti esortavano e non potevi deluderlo, non potevi deludere i tuoi compagni e allora di nuovo dentro, per il successivo giro, ancora più veloce di prima e dopo ancora e ancora, fino allo sfinimento.
Per non farsi mancare nulla c’è stata anche una breve parentesi bagnata dove l’auto di sicurezza obbligava tutti ad accodarsi, e quindi tutto da rifare, le ambulanze recuperavano gli sfortunati assaggiatori di asfalto, ma nulla di grave, la pioggia diminuiva, si attenuava fino a smettere completamente, il percorso miracolosamente drenava l’acqua e si ripartiva più veloci di prima.
Si susseguivano i vari turni, toccava alla pattuglia dei “3 Roberto” Marin, Trevisan e Zanin, poi il forte Robertino Perissinotto ma per noi “Robertone”, condannato a recuperare i secondi persi dal sottoscritto e dal buon Claudio “Bossa” con il limitatore di giri inserito e poi ancora i fortissimi Claudio e Federico Gerolin con Luca Berti in gran spolvero e poi nuovamente tutti gli altri.
Ad un certo momento la notizia trapela, una di quelle che ti mettono il fuoco dentro, eravamo davanti di due giri rispetto alla Portogruarese, squadra che da sempre ci batteva e onore al merito, se erano stati più bravi di noi, se lo erano pure meritato, ma ora c’era la possibilità del colpaccio, di superarli, di essere noi per una volta i migliori, sapevamo di avere alcuni turni deboli ed altri molto più forti, la strategia doveva cambiare, più tardi sarebbero arrivati rinforzi freschi e su quelli dovevamo contare, e quindi tutti a disposizione, chi aveva ancora un briciolo di energia doveva entrare e poi tutti pronti per il gran finale e per sparare gli ultimi colpi decisivi.
Ma a meno di due ore dalla fine, la sfiga si accaniva su di noi, cominciava a tuonare, il cielo si oscurava e si rovesciava un diluvio universale di colossali dimensioni, il che non lasciava speranze alla conclusione positiva della tanto attesa sfida ciclistica tra Sagitta e Portogruarese.
A quel punto eravamo indietro, di pochissimo, forse secondi, ma comunque indietro, bastava riuscire ad entrare con il turno dei nostri atleti di punta e sarebbe stato un successo senza precedenti.
Pazienza, le gare sono così e se anche delusi per la prestazione sportiva, ci siamo abbondantemente consolati con una cena di proporzioni bibliche, dove l’antagonismo sportivo e la competizione acerrima, erano totalmente scomparsi per lasciare spazio a momenti di sana goliardia e enologiche risate. Il vino scorreva a fiumi come l’acqua sul percorso, la classifica a quel punto non contava più nulla, eravamo tutti vincitori e vinti nello stesso tempo.
La sfida era solo rimandata, e se ci sarà un’edizione 2014, io risponderò, PRESENTE.
Grazie compagni di avventura per i momenti magici che mi avete regalato.
Giorgio Geremia